ORATORIO DI SAN MICHELE
L’aspetto attuale in cui si presenta l’Oratorio di San Michele, storico edificio padovano nell’omonima piazzetta, è il frutto di drastici interventi che alterarono definitivamente la fisionomia architettonica di un’antica chiesa le cui origini risalirebbero ad un arco temporale compreso tra il VI e la seconda metà del VII secolo.
Secondo alcune teorie la sua fondazione potrebbe essere messa in relazione con la presenza bizantina in città (569-602); essi avrebbero edificato una chiesa dedicata ai Santi Arcangeli sulla scia di una forte diffusione del culto a loro riservato nei territori legati all’esarcato di Ravenna. Un’altra ipotesi è che il primo edificio sia più tardo e risalga all’epoca longobarda. La titolazione originaria della chiesa, che verrà mantenuto fino alla metà dell’XI secolo è appunto Ecclesia Sanctorum Archangelorum. Alla fine del Trecento la chiesa entra nell’orbita d’influenza dei signori da Carrara. Nel 1390 un incendio scoppiato durante una battaglia tra l’esercito visconteo e le truppe padovane che assediarono il castello danneggia gravemente l’edificio e nel 1397 la padovana famiglia de Bovi finanzia i lavori di ampliamento ed esecuzione della decorazione pittorica. Gli affreschi vengono commissionati a Jacopo da Verona come testimonia l’iscrizione lapidea visibile nella parete antistante l’ingresso.
Jacopo da Verona è documentato nella città scaligera nel 1388, nel 1394 e ancora nel 1404; secondo alcuni studiosi visse fino al 1442. Inizialmente considerato un artista minore, la sua figura è stata spesso confusa in passato con quella di Jacopo Avanzi, un pittore bolognese attivo a Padova negli stessi anni. Giunto a Padova probabilmente al seguito di Altichiero da Zevio, presso il quale è possibile collocare la sua formazione, fu attivo come suo collaboratore nell’Oratorio di San Giorgio. A lui è stata attribuita la paternità di alcune opere conservate al Museo di Castelvecchio e di alcune importanti pagine miniate, tuttavia gli affreschi in San Michele rappresentano l’unico testo pittorico a lui ascrivibile con sicurezza.
Nel 1479 l’Oratorio di San Michele passa alla congregazione del Santo Spirito di Venezia e per quasi due secoli resta di proprietà della congregazione veneziana fino a quando, nel 1656, non viene soppressa da Alessandro VII. La Repubblica di San Marco è la nuova proprietaria dell’Oratorio e ne mette all’asta i beni per raccogliere fondi da impiegare nelle guerre contro l’Impero ottomano. Passa poi di proprietà di Girolamo Dolfin, Patriarca di Aquileia, quindi a diverse famiglie veneziane: Mocenigo, Soranzo, Pisani e Ruzzini. Nel 1792 le pareti vengono scialbate e nel 1808 cessa la sua funzione di chiesa parrocchiale; quattro anni più tardi l’edificio viene chiuso al pubblico. Nel 1815 Francesco Pisani, il patrono che abitava nel palazzo adiacente, prende la decisione di demolirla: si salvano solamente parte della navata e la cappella con gli affreschi di Jacopo da Verona. Le vicende esecutive del ciclo affrescato da Jacopo da Verona nell’Oratorio di San Michele si legano profondamente con la storia della tecnica stessa dell’affresco: l’anno seguente l’esecuzione, nel 1398, un altro importante artista toscano, Cennino Cennini, pittore di Corte di Francesco II, ultimo Signore Carrarese, scriverà proprio a Padova il primo trattato di tecniche artistiche della storia dell’arte, tramandando ai posteri tecnica per realizzare la pittura ad affresco a ulteriore suggello di questa straordinaria storia.
Un affresco attribuito a Cennini, staccato e conservato ai Musei Civici di Padova, forse era parte della decorazione della navata della chiesa che vide altri interventi di decorazione ad affresco fino al Cinquecento.