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PALAZZO DELLA RAGIONE

DESCRIZIONE DEL CICLO DI AFFRESCHI

Il Palazzo della Ragione rappresenta il ciclo più ampio per superficie dipinta e il più articolato della serie con le quattro grandi pareti interne del grande salone pensile del primo piano completamente affrescate.
La decorazione si compone di oltre trecento scene disposte su due comparti: la zona superiore, che corrisponde ai rifacimenti quattrocenteschi, comprende scene articolate su tre registri nei quali si crea una corrispondenza tra segni zodiacali, mesi, mestieri e caratteri umani a seconda degli ascendenti nello zodiaco; la zona inferiore, meno compatta iconograficamente, conserva alcune parti trecentesche ed è probabilmente da leggersi in relazione con i dipinti della zona soprastante, ma vengono realizzati anche in funzione della destinazione d’uso degli ambienti in cui la sala era divisa. Per questo motivo pratico gli affreschi della zona inferiore risultano divisi dai segni ancora visibili dei banchi dei tribunali (detti anche dischi o deschi) che erano addossati alle pareti e dai rispettivi simboli, ricordando l’uso originario del Palazzo, ossia il luogo in cui si amministrava la giustizia.
Nell’ambito della serie il ciclo pittorico di Palazzo della Ragione rappresenta l’unica commissione laica e civile: la decorazione viene infatti richiesta a Giotto dal Comune di Padova, probabilmente una dozzina d’anni dopo la conclusione degli affreschi della Cappella degli Scrovegni e si può considerare la “risposta” laica al precedente capolavoro. Non è un caso che Giotto fosse stato chiamato a dipingere nel palazzo dove si amministrava la giustizia terrena (Palazzo della Ragione) dopo aver dipinto il giudizio divino, quello universale, nella Cappella degli Scrovegni.

Le cronache dell’epoca ricordano un vasto ciclo di pitture di tema astrologico: segni zodiacali, pianeti e costellazioni, prima che un terribile incendio, divampato un secolo dopo, lo distruggesse, ma il tema viene riproposto in un enorme ciclo di astrologia giudiziaria dove è descritta l’influenza dei pianeti sulla vita e le contese degli uomini.
Non si può dimenticare che nel Palazzo della Ragione si conserva tuttora la Pietra del Vituperio, un sedile in pietra nera posto al centro della sala in età medievale, e oggi collocata nell’angolo nord-est, dove i debitori insolventi venivano messi alla berlina. Peculiarità importante di questo ciclo è la scelta del soggetto, in linea con la commissione: non sono infatti dipinti episodi di storia sacra o religiosa, ma un soggetto profano, un almanacco dipinto di imponenti dimensioni composto da trecentotrentatré riquadri disposti su tre registri sovrapposti nella zona superiore che corre sulle quattro pareti.

Il ciclo riassume le varietà dei tipi umani e le occupazioni che costituivano la vita dell’uomo medievale e ricorda ai giudici le tendenze e i caratteri degli uomini: la rappresentazione diventa così una panoramica degli stati d’animo dell’uomo influenzati dalla presenza degli astri secondo il credo dell’epoca.

Lo zodiaco si basa sul ciclo delle stagioni, in senso reale e simbolico e l’inizio dell’anno nelle pitture di Palazzo della Ragione viene fatto coincidere con il risveglio della natura, come avveniva in molte culture del passato.
L’intero ciclo è organizzato all’interno di una struttura architettonica dipinta, definita verticalmente da illusionistici pilastri a pianta esagonale, e orizzontalmente da architravi nella zona superiore, da boccascena architravati su mensole nella zona inferiore: un’impostazione che ricorda la soluzione già adottata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni (componente 1), ma in maniera più estesa e complessa. La lettura del ciclo astrologico inizia quindi dal mese di Marzo, posto in corrispondenza dell’Oriente, associato al segno zodiacale dell’Ariete. Da questo punto prende avvio l’intera decorazione suddivisa in 12 settori, corrispondenti ai mesi dell’anno, ciascuno caratterizzato, dalla costellazione extra-zodiacale o ascendente che determina la vita dei nati sotto quel segno, dalla figura dell’apostolo corrispondente, dal segno zodiacale, dalla personificazione del mese, dal pianeta che vi ha domicilio, dalle influenze esercitate sui caratteri e le attività dell’uomo.

Le figure di santi e allegorie nella zona inferiore, intervallate a quelle degli animali che identificavano i diversi tribunali, avevano lo scopo di rappresentare la Grazia divina che orienta e guida la natura umana; il Giudizio di Salomone, opera della fine del Trecento, ricorda come la proverbiale saggezza del re biblico dovesse essere sempre la virtù guida dei giudici.

Altre parti trecentesche che si conservano sono il cosiddetto Processo a Pietro d’Abano e le Virtù. Il primo risulta di notevole interesse perché l’imputato pare essere proprio quel medico e astrologo Pietro d’Abano, che definì il programma iconografico del Palazzo della Ragione collaborando con Giotto, e perché ci offre una rappresentazione realistica di come doveva presentarsi l’interno di un tribunale nel Trecento con interessanti dettagli descrittivi. Per quest’opera è stata recentemente attribuita a Jacopo da Verona, autore anche del ciclo affrescato dell’Oratorio di San Michele cronologicamente l’ultimo (componente 4), che presenta le medesime attenzioni nella resa dei dettagli.

Gli affreschi con le Virtù sono stati invece attribuiti in passato a Giusto de’ Menabuoi, un altro grande protagonista della stagione pittorica trecentesca padovana.

“Le dodici costellazioni dello Zodiaco e i sette pianeti con le loro caratteristiche […] meravigliosamente affrescati da Giotto, il più grande dei pittori; ed altri astri in oro, con i loro simboli […]”: con queste parole Giovanni da Nono descriveva, tra il 1314 e il 1318, il ciclo astrologico realizzato da Giotto in Palazzo della Ragione e quello che oggi possiamo ancora ammirare è il ciclo affrescato che riprende l’impostazione giottesca, dopo l’incendio che lo distrusse nel febbraio del 1420.

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