PROCESSO A PIETRO D’ABANO

Di Palazzo della Ragione, ciò che colpisce prima del resto il visitatore è la vastità del Salone, il più grande salone pensile d’Europa. Solo in un secondo momento, si fa caso alla vivacità e imponenza dei cicli affrescati che esso presenta sule pareti, per un totale di circa circa 217 metri lineari di pittura muraria.

Nell’ambito del sito seriale, il ciclo pittorico di Palazzo della Ragione rappresenta l’unica commissione laica e civile: la decorazione viene infatti richiesta a Giotto dal Comune di Padova, probabilmente una dozzina d’anni dopo la conclusione degli affreschi della Cappella degli Scrovegni e si può considerare la “risposta” laica al precedente capolavoro. Le cronache dell’epoca ricordano un vasto ciclo di pitture di tema astrologico: segni zodiacali, pianeti e costellazioni, prima che un terribile incendio, divampato un secolo dopo, lo distruggesse, ma il tema viene riproposto in un enorme ciclo di astrologia giudiziaria dove è descritta l’influenza dei pianeti sulla vita e le contese degli uomini.

Fra i brani trecenteschi dei cicli, si conserva il cosiddetto Processo a Pietro d’Abano, di notevole interesse sia perché l’imputato pare essere proprio quel medico e astrologo Pietro d’Abano, che definì il programma iconografico del Palazzo della Ragione collaborando con Giotto, e perché ci offre una rappresentazione realistica di come doveva presentarsi l’interno di un tribunale nel Trecento con interessanti dettagli descrittivi.